Castello di Monsanto
Via Monsanto, 8
Monsanto (Fi)
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Eccomi a raccontare il mio quarto giovedì trascorso a visitare aziende durante le anteprime toscane. Pensare che al 90% è già organizzato quello dell’anno prossimo, mi fa capire che sta diventando un ottimo appuntamento.
Quest’anno siamo stati al Castello di Monsanto, dico siamo perché il gruppo è molto consolidato.
L’ottima compagnia è formata dai fratelli Logi del Colombaio di Santa Chiara di San Gimignano, quest’anno ci sono tutti e tre; con gran piacere, per l’ottima persona che è prima che gran gelataio, da San Gimignano, c’è Sergio Dondoli e penso che ci seguirà anche nei prossimi anni; altri due amici vengono da Volterra, loro sono Alessio Bernini, proprietario dell’Agriturismo Il Mulinaccio, dove produce anche vino e zafferano, mio soggiorno ideale per stare in pieno relax, e Michele Senesi, direttore dell’azienda Monterosola, azienda che è stata e sarà luogo di visita ancora per anni e anni a venire; ho coinvolto, infine, con gran piacere, anche un giovane produttore di Montalcino, Tommaso Squarcia dell’azienda Castello Tricerchi, prima che produttore sta diventando un ottimo amico, proponendogli anche il continuo della giornata che ha accettato con tanto entusiasmo, spero che anche lui si aggreghi il prossimo anno.
L’appuntamento è direttamente in azienda. Al nostro arrivo ad aspettarci c’è un magnifico pastore tedesco e Francesco Guazzugli Marini, venuto da Roma per la nostra visita, lui è conosciuto da tutto il gruppo, ci salutiamo e si decide di salire al poggio, la vigna del famoso cru del Castello di Monsanto.
Camminando tra l’azienda intuisco la complessità e la bellezza di questo luogo, manifestandosi all’arrivo sul poggio.
Una terrazza costruita con le pietre della vigna, pietre che formano anche il salire. All’arrivo in cima non si sa dove guardare, tanto è lo spazio che i nostri occhi ammirano. Dopo un silenzio per l’infinita ammirazione, la prima parola è di uno dei fratelli Logi: “Guardate, si vede San Gimignano…” ma da qui si vedono tante cose, è veramente bello, spettacolare. Dopo aver ascoltato la storia di Monsanto da Parte di Francesco e dopo diversi scatti fotografici, si riscende felici e consapevoli che stiamo vivendo una giornata fantastica e il sole aiuta il tutto.
Arriviamo in cantina e ci raggiunge una splendida Laura Bianchi, la sua signorilità va oltre la bellezza. Ci salutiamo e inizia la visita in cantina, prima la parte della vinificazione, a seguire la parte dell’affinamento in botte grande.
Laura si ferma davanti ad una scritta su marmo per farci notare la nascita di questa parte della cantina, la scritta dice: “F B OPERA INIZIARONO IL 7 – 8 -1986 GIORGIO CICIONESI MARIO SECCI ROMOLO BARTALESI” Ebbene si, da qui inizia un percorso sotterraneo difficile da descrivere. Un tappeto rosso indica questo percorso meraviglioso tra barrique e stanze scavate nella roccia. Mi viene la voglia di correre, ma anche di gustarlo piano piano, è davvero qualcosa di unico, uno storico di notevole livello. Tra le cantine più belle che abbia mai visto, per tutto ciò che c’è. Laura ha tre cestini in mano, mi domando e spero che siano per metterci delle annate vecchie… così accade. Una la fa scegliere a me, sono davanti all’annata 1968, la prima annata a Monsanto, maledetto a me che ho scelto un tappo leggermente macchiato di nero… bottiglia che dall’apertura, non si è ripresa più; la seconda la fa scegliere al più piccolo dei fratelli Logi, gli fa scegliere la sua annata, la 1980, ebbene si questa bottiglia si dimostra viva e vegeta, ancora con la giusta acidità che fa prevedere ancora vita lunga, ma noi ce la siamo goduta a pranzo; la terza la sceglie Laura stessa, bottiglia e vino che sono la sorpresa della giornata, il vino è il Nemo 1999, cabernet sauvignon 100%, prima annata 1982, un vino dalla beva lunga e piacevole, vivo e molto interessante, l’ho bevuto in diversi momenti dopo l’apertura.
Dopo la scelta delle bottiglie si esce dal paradiso della cantina, ancora una bella sbirciata accompagnata da una delle frasi che in poche occasioni la dico: “forse un giorno ti rivedrò”.
Scendiamo le scale e arriviamo in un salone bellissimo, tavola apparecchiata, fuoco acceso (e che fuoco!) e aperitivo pronto. Tanta è la bellezza di questo salone che non si sa dove guardare, ogni particolare porta bellezza e classe. Lo sguardo va ad un tavolo con diversi stuzzichini e due annate di Chardonnay collezione, la 2002 e la 2005, l’annata più vecchia si fa apprezzare tantissimo, come si fanno apprezzare tutti gli stuzzichini che sono sul tavolo, in particolare i paté fatti da un cuoco che conosciamo alla fine del pranzo.
Oltre le annate vecchie abbiamo degustato… bevuto:
Chianti Classico 2016, di lui ho già parlato durante le anteprime toscane, un vino apprezzatissimo dal primo sorso; Chianti Classico Riserva 2015, mi piace ma lo aspetterò per altre occasioni, sicuro che sarà una di quelle bottiglie che si apprezzeranno a lungo; Chianti Classico Riserva Vigneto Il Poggio 2015, dopo aver visto da dove nasce, per lui ci sarà sempre un occhio di riguardo e poi… è buono “ASSAI”; Sangioveto Grosso 2012, per lui ho un debole, mi piace tanto, lo assaggio sempre quando mi capita sui banchi di assaggio, un vino che mi intriga, un vino che mi piace; Nemo 2015, dopo aver apprezzato, e tanto, l’annata 1999, debbo affermare che mi piace anche lui.
Il pranzo va via liscio tra chiacchiere piacevolissime, in un clima conviviale, con tanta amicizia. Prima dei dolci parte la chiamata all’uscita del cuoco, applausi per lui e per il cameriere, impeccabile e sempre sorridente.
Uno splendido sole ci chiama in giardino, anche perché c’è da aprire il metodo classico 1985, l’unica annata prodotta. Francesco è pronto e pronti sono i nostri calici per un altro brindisi e partono così i primi ringraziamenti a Laura.
I dolci sono buonissimi, ci sta bene anche il torrone Canelin, lui ci sta sempre bene, è un piacere per me farlo conoscere ai buongustai. I vini non sono finiti, anzi ne arriva uno che si candida già da adesso a diventare uno dei miei tre vini dolci per l’anno 2019, il vino è: A Chimera Vin Santo del Chianti Classico DOC 2006. Lo apro io, sono appassionato di vini dolci, berne uno così buono, ottimo direi, in una situazione così bella, con un tavolo pieno di dolci, è andato oltre al piacere di profumi intensi paragonabili alla migliore frutta che esiste al mondo, albicocca in primis. Mi piace la sua densità, il modo di cui arriva al palato, una bocca persistente lunga, vino da capriole, da carezze, un vino fantastico a cui metto anche il punteggio (94). Abbinato con il torrone, abbinato con le frappe, abbinato con le bombette non tradisce un attimo. Vino dolce impeccabile, vino di ottimo livello.
A questo punto viene la voglia di andare a vedere il locale dove si sviluppa questo capolavoro, partiamo tutti insieme ancora vogliosi di vedere il resto di questo magnifico posto.
Si cammina e si osserva, il bello è infinito, ogni angolo ha qualcosa che si fa piacere, i prati, le piante, le costruzioni e poi le vigne, la stanza del Vin Santo. Da una finestra appare il sorriso radioso di una Laura felice e che in tutta la sua signorilità è consapevole di gestire un posto meraviglioso.
Il sole scende e sarebbe stato bellissimo vedere il tramonto, magari risalendo sul Poggio.
Prima dei saluti, finiamo la nostra visita con una foto di gruppo, i volti sono felici, sono appagati, consapevoli di aver vissuto una giornata bellissima, tra persone con cui sto bene assai.
Grazie Laura.
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