Irpinia 2020 prima parte (due giorni)
8-9-10-11 giugno 2020
Quattro giorni di saluti portati in ogni dove, quattro giorni di vini buoni, ottimi e ottimi ASSAI!
Dolciarte bar pasticceria – Az. Vinicola Rocca del Principe – Az. Vinicola Colli di Lapio – Az. Vinicola I Favati – Dolciarte bar pasticceria – Az. Vinicola Antico Castello – Ristorante Megaron – Cantine Perillo – Trattoria Valleverde Zì Pasqualina – Az. Vinicola I Favati – Dolciarte bar pasticceria – Tenuta Sarno 1860 – Az. Agricola Vadiaperti – Villa Diamante – Oasis Antichi Sapori – Az. Vinicola I Favati a finire Benito Ferrara.
Quattro giorni pieni di persone che mi hanno lasciato tanta voglia di tornare in questo territorio il prima possibile.
Quattro giorni a capire che le rese dei quintali di uva per ettaro per il Fiano, delle aziende visitate, è molto sotto alla resa massima del disciplinare che è di 100 quintali per ettaro. Tutte le aziende mi hanno dichiarato che al massimo producono, in annate di resa alta, circa 65 quintali, a volte si scende anche a 35 quintali, la media negli anni è di circa 50 quintali per ettaro. Queste sono aziende medio piccole, vorrei vedere le rese di aziende molto grandi di questo ottimo territorio.
Per quanto riguarda il Taurasi, ha da disciplinare la resa massima a 70 quintali per ettaro, le aziende visitate stanno sui 40 quintali circa per ettaro.
La prima tappa è stata ad Avellino da Carmen e Stefano Vecchione, era lunedì, hanno aperto per me, ci siamo chiusi dentro e il risultato è stato questo: “Eccomi ancora una volta a godere dell’ottima capacità di Carmen Vecchione e della grande disponibilità di suo fratello Stefano. Dolci sempre più convincenti, mai squilibrati verso la dolcezza o verso chissà che… a volte si esagera nel combinare gusti che non vanno insieme. Qui la parola che mi viene in mente è… equilibrio. Tutto si amalgama verso un piacere pieno di gusto. La pasticceria raggiunge il piacere enorme che ho ogni volta che vengo qui. Il panettone, qui si fa tutto l’anno, quello di oggi al caramello e al cioccolato, mi ha fatto ricredere. Io amo quello classico con la glassa, questo è buonissimo, dolce che si candita a diventare uno dei miei tre dolci per l’anno 2020. I mignon sono uno più buono dell’altro, le mono dosi si mangiano prima con gli occhi e poi con il grande piacere che si ha quando ci si siede da Dolciarte. Locale di infinita qualità e bontà”.
Il secondo appuntamento era nell’azienda Rocca del Principe. Tra visite nelle vigne, visita in cantina ed il pranzo ecco che ne è determinato: “Se c’è un’azienda che negli ultimi anni mi ha colpito in modo netto e piacevole, eccola qui, è l’azienda Rocca del Principe a Lapio. Con immenso piacere sono venuto a visitarli ed è stata una visita interessante, bella, piacevole, piena di gusto, di emozioni, di una bevuta di notevole livello e di un pranzo conviviale con loro, pieno di sapori, dove ho scoperto il <mugliatello>, un involtino di trippa al sugo, molto interessante.” Durante il pranzo si è degustato una verticale di Fiano e tre annate del fantastico Fiano Tognano.
Fiano 2018 – 2017 – 2016 – 2015 – 2014 – 2011 magnum – 2010. La conferma di un ottimo 2018, il 2017 si mantiene in bevibilità, la 2016 si conferma un’ottima annata, la 2015 mi piace, la 2014 si evolve sorprendentemente, la 2011 oggi è stata sfortunata a finire un ottimo 2010, anche l’etichetta era più bella oggi, un vino di dieci anni ancora vivissimo. Tognano Fiano di Avellino 2017-2016-2015 . Tre annate di un vino sempre più importante per me, per l’Irpinia, per il vino italiano e per tutti quelli che vogliono godere di un grande vino bianco. Oggi è uno dei vini italiani che preferisco in tutto lo stivale.
Il tempo di salutare e siamo già nella nostra seconda visita, Colli di Lapio ci aspetta, a riceverci la donna del Fiano, lei è Clelia Romano, insieme con sua figlia Carmela. Si sale in macchina e via nelle vigne, con orgoglio ci fanno vedere il loro ultimo acquisto, sono tre ettari che si uniscono ad un’altra loro proprietà. Si torna in cantina e si godono due ottime novità, aspetterò con molto piacere la loro uscita. Dopo la cantina, altre vigne, quelle vicine alla cantina e alla sala degustazione, una degustazione imperiosa: “Fiano 2019 – 2018 – 2017 – 2016 – 2015 – 2013 – 2012 – 2011 – 2006. Sono affascinato dall’annata 2018, cercherò la 2019 adesso e nei prossimi anni. La 2017 si mantiene sorprendendomi. La 2016 è un’annata ottima, questa bottiglia è stata ottima. La 2015 si mantiene al suo livello. La 2013 è di livello alto, mi è piaciuta. La 2012 non è niente male. La 2011 si conferma come nella cantina precedente, leggermente sotto tono; la 2006, se durante i miei 4 giorni in Irpinia debbo scegliere il miglior vino, questo 2006 deve essere preso in grande considerazioni. Vino fantastico, un Fiano di 14 anni che è ancora pieno di gioventù, diventerà maggiorenne e poi chissà… bottiglia di bontà infinita. Si è fatto tardi, ci salutiamo dopo una visita da ricordare in ogni dove. Vigne, novità, vigne ancora… e una verticale di quelle che mi hanno fatto vivere un pomeriggio bellissimo con persone stupende.
L’arrivo a I Favati è sul tardi, appena Rosanna ci ha visti ci ha portati in cucina per cena. Tra ottime patate fritte, sono arrivati i formaggi della riserva personale di Giancarlo, il marito di Rosanna, lui i formaggi li coccola e si sente. La serata è stata piacevole alla fine di un primo giorno in Irpinia fantastico.
Il secondo giorno si apre con la colazione da Carmen e Stefano Vecchione, oggi è colazione, quindi un ottimo cappuccino abbinato alla mia adorata veneziana di Carmen Vecchione, al maritozzo con la panna, lei ci mette un pizzico di crema, non guasta, sono rimasto colpito tantissimo dal livello qualitativo della panna. Ottimo inizio di giornata.
Lo ammetto, è stata una visita che non era prevista e invece è risultata una visita molto interessante. Conosco Francesco e Chiara Romano da diverso tempo, sono stato felicissimo di venirli a visitare, ho trovato una bellissima struttura e nulla è lasciato al caso, qui i vini si aspettano un anno prima di farli uscire e la cosa diventa interessante. Dopo qualche assaggio da botte, eccoci sedersi in uno dei tavoli di un bellissimo salone. Falanghina Demetra 2018, niente male; Fiano Orfeo 2018, aspettare porta a qualità; Greco Ermes 2018, vino ancora giovane, ma il tempo gli darà ragione; Greco Mida 2014, non amo le macerazioni, qui Francesco si è superato, ha saputo mantenere il caratteriale del Greco, una bottiglia che merita la giusta considerazione; Fiano 2013, una delle prime bottiglie dell’azienda, un vino sorprendente anche per Francesco e la sua mamma, davvero una gran buona bottiglia. Due i rossi, Taurasi 2014, il legno in evidenza; Taurasi Massale Riserva 2011 ha fatto il suo tempo e si può bere con piacevolezza. A finire niente male l’olio.
La strada per arrivare alla prossima visita ci porta a passare davanti al ristorante Megaron di Valentina Martone e suo marito Giovanni Morsa, siamo a Paternopoli, in questo ristorante c’è un ricordo di un meraviglioso pranzo. Oggi entriamo per un piatto di pasta, l’accoglienza è calorosa, ci sediamo e ordiniamo in un attimo. Al benvenuto c’è eleganza… polpetta contadina di pane, con un pomodoro da scarpetta intensa con pane e dito. Pomodoro da vero orto. A seguire fiori di zucca fritti. Giovanni ci vuole far assaggiare il suo olio (e fa bene) e il suo prosciutto (e fa benissimo). Il pane di ottima fattura fa il resto. Ecco quando mi chiedo: “che cosa si deve cercare nella cucina?” Questo piatto di pasta è qualità, il doppio pomodoro è da rimbalzi di gusto, la pasta è cotta alla perfezione, il leggero pesto è stupendo, l’olio fa la sua parte, un primo piatto che mi fa portare i miei complimenti in cucina.
Finalmente esce Valentina per la foto di rito con il giusto distanziamento fatto con bottiglie di Fiano e Aglianico.
Una sosta che consiglio a tutti, un locale elegante, una cucina elegante, di territorio, piena di sapori e di gusto. La mia seconda volta mi conferma, anche a distanza di tempo, che se fossi vicino a questo ristorante sarebbe uno dei miei preferiti.
Si riparte per Castelfranci, Michele Perillo e suo figlio Felice ci aspettano. Arriviamo puntuali, inizia un’ottima degustazione in cantina da vasca. Oggi questa azienda sta vendendo l’annata 2009 e la riserva 2008, quindi in cantina ci sono altre 10 annate tra coda di volpe e soprattutto aglianico, qualche novità ronza nella testa di Michele e Felice e io degustandola approvo le loro scelte.
Passiamo in sala degustazione, assaggiamo un’ottima Coda di Volpe 2015, squilla il cellulare, stanno arrivando altri due amici da Roma, beati, potranno godere con noi di tanta qualità. Continuiamo con le annate correnti: Taurasi 2009, mi era già piaciuto tanto durante la degustazione di Teatro del Vino a febbraio; Taurasi Riserva 2008, oggi molto convincente, beato a chi lo ha in cantina; Taurasi Riserva 2005, oggi ci sono volute tre bottiglie per farcelo piacere; Taurasi Riserva 2004, questo ci ha soddisfatti subito, una buona bottiglia; Taurasi Riserva 2000, annata sfigata, oggi invece si è preso un’ottima rivincita. Una visita che desideravo da tempo. Una visita che mi ha soddisfatto pienamente. Camminando per le vigne, affascinante la vigna a raggiera, degustando da vasca, da legno e soprattutto da bottiglia, si capisce che qui l’aglianico si esprime in maniera piacevole, con la sua forza, con il tempo che Michele e la sua famiglia sanno aspettare per farcelo godere nei nostri calici. A presto, siete davvero bravi.
Si riparte perché è ora di cena una chiocciola dello slow food ci aspetta, arriviamo a Atripalda, la cena è al ristorante Valleverde – Zì Pasqualina. Questo locale ha la chiocciola dello Slow Food e due gamberi per il Gambero Rosso… ecco lo dico a quelli del Gambero Rosso, veniteci a fargli visita più spesso, qui i tre gamberi ci stanno tutti. “EWWIWA LE TRATTORIE ITALIANE!”
Sabino Alvino capisce subito il tavolo, nonostante le mascherine, così mentre aspettiamo Stefano Vecchione , ci delizia di un pane caldo con il caciocavallo, inizio invogliante. Sabino soddisfa ogni nostra richiesta… in abbondanza. Un’ottima mozzarella di bufala, sapida come piace a me.
Quando un oste capisce la situazione, otto etti in 5 di “Cannazze” calitrane al ragù antico (con le polpette) mantecate con pecorino, poi dici no abbracci, peccato, perché chi ha cucinato un piatto tanto ghiotto, tanto buono, tanto invogliante… piatto ADORABILE, avrebbe meritato un grandissimo abbraccio.
Si continua in bontà, con ottima cottura e tanta qualità.
Salsiccia e cotechino alla brace con caciocavallo e misticanza. Prima di questi piatti già pensavo a quando tornare… dopo di questo non vedo l’ora, da Zì Pasqualina si sta benissimo.
Si finisce con tozzetti e nocino, il finale è con il panettone agli agrumi di Dolciarte, Stefano e Carmen ci hanno voluto deliziare ancora di una loro ennesima bontà. Paghiamo il conto, un conto di una onestà infinita. Ristorante da consigliare al mondo.
Scendiamo in cantina, qui viene la voglia di ricominciare. Prosciutti, altri salumi e formaggi a stagionare e una cantina di vini irpini invidibiale. Ci lasciamo con Sabino con la promessa che la prossima volta si scende prima qui per aprire qualcosa di importante.
La prima parte dei miei ottimi ricordi finisce qui, due giorni stupendi con persone stupende.
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