La Città della Pizza
Via Guido Reni, 7
Roma
www.lacittadellapizza.it
Chi l’ha detto che la città della pizza è solo Napoli? Già perché dal 31 marzo al 2 aprile è stata Roma a vestirne i panni: 30 pizzaioli, 90 pizze differenti, laboratori, cooking show, focus, vino e birra artigianale hanno trasformato il Guido Reni District nella capitale del piatto più conosciuto del mondo.
Pasquale era in giro per le Langhe, toccava di nuovo a me. Decisi di andare domenica 2 aprile, verso le tre del pomeriggio. Scelta azzeccatissima visto il fiume di gente che c’era stato nei due giorni precedenti. Ero partito con l’idea di assaggiarmi la pizza di Francesco Martucci de I Masanielli di Caserta, programma che dovetti subito rivedere. “Dobbiamo rientrare a Caserta – mi disse Francesco – questa sera il locale è aperto e hanno bisogno di noi! Ti aspettiamo lì!”. Prossima tappa in Campania dunque, intanto però la fame andava placata.
Mi diressi allora da Vincenzo Esposito, Pizzeria Carmenella di Napoli, per assaggiare la sua “A1 Roma – Napoli”, una margherita con alici di Cetara e tarallo napoletano sbriciolato: l’essenza partenopea in bocca (sfogliatelle a parte). Appetitosa, ben eseguita ed equilibrata nei profumi e al palato. Armonica e non banale seppur semplice nella sua realizzazione. Lo confesso, l’avrei ripresa, ma la curiosità era troppa e dovevo andare.
Il tempo di una Open Amber del birrificio Baladin e sotto con la prossima pizza; andai da Giuseppe Pignalosa de Le Parùle di Ercolano, per provare la sua “Cicirinella”: crema di ceci, fior di latte di Agerola, funghi freschi, baccalà, limone grattugiato e olio evo. Impasto molto delicato, così come la pizza nel suo complesso, nonostante l’abbondanza degli ingredienti. Leggera e gustosa… ma avanti con la prossima!
Mi misi a passeggiare tra gli stand con tutta la curiosità (e l’indecisione) che mi contraddistingue. Incontrai Pier Daniele Seu del Mercato Centrale Termini e Gabriele Bonci di Pizzarium che discutevano simpaticamente mentre si gustavano uno “spicchio” piuttosto invitante. La cosa non mi rimase indifferente.
La pizza in questione era “’O fiore mio” di Matteo Tambini e Davide Fiorentini della pizzeria ‘O Fiore Mio di Faenza, realizzata con un impasto di farina semi integrale, burrata pugliese e prosciutto di Parma 24 mesi “selezione casa Graziano”.
Piatto fantastico per sapore e consistenza. L’utilizzo del lievito madre (una costante delle loro preparazioni) la rendeva soffice e croccante allo stesso tempo, leggera e profumata. Una semplicità solo apparente, vista la pregevolezza degli ingredienti.
La migliore che ho mangiato? Chissà… Avrei voluto provare quella fritta di Isabella De Cham di 1947 Pizza Fritta di Napoli di cui si parlava un gran bene, ma la lunga fila e la sazietà mi trattennero. Quando passerò tra Napoli e Caserta, la prossima volta, saprò già cosa assaggiare.
Gianluca Ciotti e Pasquale Pace Il Gourmet Errante
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