Sangiovese Purosangue 2018
Vini e Vignaioli d’Italia
Siena
3-4-5 Novembre 2018
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Inizio dicendo dei sei miei migliori assaggi della degustazione alla cieca, in un tavolo con belle persone e amici.
Dopo circa 105 assaggi ecco i miei sei migliori:
- Castello Tricerchi – Rosso Montalcino 2017, più che un’anteprima, io ne sono rimasto stupito per la seconda volta e ho tanta voglia di risentirlo, comprarlo, consigliarlo… bravo Tommy.
- Il Palagio di Panzano – Chianti Classico Gran Selezione Le Bambole 2013, è stato bello farlo conoscere al mio tavolo. A chi più e a chi meno alla fine è piaciuto a tutti. Per me oggi è già un ottimo vino. Segnatelo e scommetto che tra 5 anni il mondo parlerà delle Bambole del Palagio di Panzano.
- Il Marroneto – Brunello di Montalcino 2013, un anno di affinamento in più gli ha fatto veramente bene. Tra le bevute più buone e belle della degustazione. Mi alzo in piedi e applaudo.
- Le Chiuse – Brunello di Montalcino 2013. Finezza e classe, possono bastare queste due parole per dire che questo è un ottimo Brunello 2013.
- Pietroso – Brunello di Montalcino 2013, sarà uno dei tre (o quattro) migliori vini per l’anno 2018. Ne sono rimasto folgorato a febbraio e ogni volta è qualcosa di superbo.
- Le Cinciole – A Luigi 2014 Chianti Classico Riserva 2014, lo voglio dire alla romana: “a Gigi quanto sei bono. Ogni volta ti riconosco e mi stupisci. Ormai Le Cinciole è ‘na certezza”.
Procedo tra degustazioni ai banchi di assaggio e due verticali di vini che mi piacciono assai.
La prima verticale riguarda otto annate del Brunello di Montalcino dell’azienda Pietroso di Gianni Pignattai (lui insieme a Davide Bonucci presenta le annate e i vini), di Cecilia Brandini e dei loro due figli, Andrea e Gloria. Circa 5 ettari la loro azienda con altezze stimate a circa 500 metri di altezza: la prima annata a cura del papà di Gianni è del 1978, portata avanti fino al 1990. Gianni invece produce la sua prima bottiglia di Brunello nel 1992. Passiamo alle sei annate, parlando come sempre di quello che era nel mio bicchiere:
Pietroso 2005, annata perfetta fino a settembre, poi pioggia accompagnata con un po’ di grandine. Brunello ottimo, in grande spolvero, un gran naso e una bocca piena di gusto, voglia di godermelo tanto (94);
Pietroso 2007, vino grasso, si materializza sia nei profumi e sia nel palato in maniera opulenta per poi affievolirsi in una giusta beva (89);
Pietroso 2008, dal profumo sembra abbia bisogni di aprirsi un po’, lo si agita e i profumi che emana diventano piacevoli, fino a far venire la voglia di berlo, la beva è molto piacevole e si fa gradire abbastanza (91);
Pietroso 2009, una partenza un po’ in sordina sia al naso che al palato, al secondo sorso è elegante, ma so per certo che ha ancora del potenziale da esprimere. Un vino che è buono oggi e che lo sarà anche domani e dopodomani (92);
Pietroso 2011, non sembra in linea con gli altri vini, il profumo è debole, ma in bocca è avvolgente e si lascia andare (91);
Pietroso 2013, voglio un bene pazzesco a questa annata e presto diventerà uno dei miei tre rossi migliori per l’anno 2018. Lo adoro, inutile ripetermi: il Brunello di Montalcino 2013 di Pietroso è un grande vino (95+).
Si finisce tra gli applausi, tra foto e la voglia di tornare a trovare queste bellissime persone nella loro azienda.
Dopo un simpatico e buon buffet ci si rilassa tra due chiacchiere e si va a fare due passi, ma in un attimo è tempo di passare alla seconda verticale.
L’azienda è Colle Santa Mustiola, il vino è il Sangiovese Poggio ai Chiari: dieci annate insieme a Fabio Cenni, sua moglie Monica Del Re e il giornalista, nonché amico di famiglia, Andrea Gabrielli.
Ecco le mie impressioni sulle dieci annate versate nel mio bicchiere:
Poggio ai Chiari 1997, vino di 22 anni, per nulla stanco, colore bellissimo, una pizzicata di acidità che non guasta affatto. Lo bevo con piacere, al palato è lungo e persistente, mi piace tanto (91);
Poggio ai Chiari 2002, nel berlo accenna a una leggera nota acetica, nell’altra verticale che avevo fatto del Poggio ai Chiari era stata la bottiglia meno buona. Merita rispetto, anche perché viene da un’annata molto negativa (86);
Poggio ai Chiari 2003, non male affatto, la classe non è acqua, si conferma di qualità come l’altra volta (89);
Poggio ai Chiari 2004, il profumo ti trasmette cottura, l’assaggio non va nonostante la poca acidità. L’annata ha risentito dell’altalena meteorologica, non va (84);
Poggio ai Chiari 2005, dai profumi poco mi piace, si ripete in bocca (83?);
Poggio ai Chiari 2006, mi piace al profumo e al palato, è ballerino, speziato… mi piace (90);
Poggio ai Chiari 2007, profumi belli, selvaggi, sembra un cavallo imbizzarrito che però si fa domare. In bocca diventa fine e ne apprezzo la sua facile beva; si conferma, come l’altra volta, un ottimo Poggio ai Chiari 2007 (91);
Poggio ai Chiari 2008, chiuso, cotto, ti voglio bene e ti aspetterò finché vivrò (??);
Poggio ai Chiari 2009, al primo pensiero mi viene da bacchettare Fabio: “perché ripetere lo stesso sbaglio dell’anno precedente?”. Poi lo lascio girare un po’ nel calice e mi conforto nella speranza di un nuovo assaggio prossimamente (??);
Poggio ai Chiari 2010, etichetta nuova molto carina. Dopo due annate così così, finalmente questo 2010 che mi apre il cuore e mi regala un brivido lungo la schiena. Convincente (88++).
Si finisce con il racconto di Fabio sull’ideazione della nuova etichetta: in fondo un vino così buono deve necessariamente essere vestito con eleganza.
Applausi per Monica e Fabio e la loro azienda.
La giornata finisce con una bella passeggiata in una splendida Siena, in confusione per la festa della Tartuca vincitrice del palio speciale del 20 Ottobre, dedicato al Centenario della prima guerra mondiale.
Il mattino seguente in una fresca domenica di Novembre torno a passeggiare in una Siena stavolta vuota ma di una bellezza disarmante. La mia colazione, con piacere, la faccio al bar pasticceria e forno Corsini, dove adoro sedermi al tavolo e gustarne i prodotti, di loro ho già parlato (http://www.ilgourmeterrante.it/sito/corsini-si-fatta-la-mostra-non-solo-siena/)
Si torna a camminare per prepararsi alla terza verticale di questa edizione di Sangiovese Purosangue.
Azienda Col d’Orcia, vino Brunello di Montalcino Riserva Poggio al Vento in sei annate.
Di seguito le mie impressioni sui vini che erano nei miei bicchieri:
Poggio al Vento Riserva 1990, sembra un vino appena uscito da barrique e imbottigliato. Pizzica in punta lingua, poi nel palato è divertente. Per questa bottiglia è stato il giusto momento (89);
Poggio al Vento Riserva 1995. Di fronte a quest’annata mi preparo sempre con tanta curiosità, sapendo quasi al 100% di bere grandi vini. Vale anche per questo Brunello ricco di profumi, classe, finezza e lunghezza. Vino intrigante, un’ottima bevuta (93+);
Poggio al Vento Riserva 1997, vino chiuso, gli lascio delle chance per l’acidità ma non mi convince, peccato (??);
Poggio al Vento Riserva 1999, al profumo già si ha la sensazione di una bottiglia stanca. Si ripete al palato, peccato (84);
Poggio al Vento Riserva 2006, vino cotto nei profumi, al palato emerge l’alcol, non va proprio. Meglio la seconda bottiglia (88);
Poggio al Vento Riserva 2010, al profumo percepisco un eccesso di frutto che riscontro anche al palato, sento molto l’alcol ed è corto. Lo aspetterei con piacere e poi chissà… (87).
Finita la verticale, posso solo complimentarmi con il Conte Marone Cinzano per avermi consentito di conoscere di più lui ed il suo operato.
Dopo una bella pausa tra le strade di Siena nel pomeriggio si continua a degustare tra i banchi di assaggio. Diversi i vini che mi sono piaciuti, specialmente quelli che nel mio errare ho avuto modo di degustare meno.
Il primo è una novità assoluta: Fattoria La Striscia – Occhini IGT 2015, un vino piacevolissimo, di grande bevibilità.
Buono anche Cantina Ripoli – Chianti Classico DOCG 2016, intrigante e da risentire il prima possibile.
Infine Villa Calcinaia Conti Capponi – Vigna Bastignano, ormai una certezza.
Incontro Armando Terenzi e decido di ripartire con lui, il mio paesello è lontano e alla comodità di tornare in macchina non si rinuncia mai. Così, con un giorno di anticipo, concludo un interessantissimo Sangiovese Purosangue senese: Davide Bonucci insieme a Marina Ciancaglini e all’Enoclub Siena sono una vera garanzia.
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