Slow Wine Guida 2022 Lazio
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Mentre ho organizzato tutto per partecipare alla più grande degustazione dell’anno, continuo con il Lazio per parlare del mondo Slow Wine, dopo il mio piccolo commento troverete lo scritto della redazione di Slow Wine, le chiocciole regionali, le aziende con la bottiglia e con la moneta. Segue l’elenco dei grandi vini, i vino slow e i vini quotidiani.
Per ogni regione riporterò un mio pensiero, un suggerimento, un chiarimento dovuto che solo questa guida si potrebbe permettere. Già da sempre in ogni descrizione dell’azienda c’è il totale degli ettari e le bottiglie prodotte dalla stessa, un curioso come me spesso si fa il calcolo per capire le rese per ettaro dell’azienda, ma come sto dicendo a tutti produttori che visito, sarebbe bello che per i vini premiati loro chiedessero di mettere tra parentesi le rese in quintali e in litri del vino in oggetto, chissà che questa cosa non desti curiosità, ma soprattutto sempre più trasparenza per vini di qualità – per la maggior parte delle volte da rese basse escono i grandi vini.
Un po’ più di ottimismo nel commento della regione a differenza di altri che sarebbe meglio non considerare. Olevano Romano, il mio paesello, ne esce bene con il Cesanese, la cosa non può che farmi piacere. Bellissimo il vino di D.S. Bio, azienda di cui se ne sentirà è parlare sempre di più, così come lo Zitore 2019 di Palazzo Tronconi. Per quanto riguarda il Piglio non capisco come non ci possano essere La Visciola e Carlo Noro e Alberto Giacobbe. Poi perché no Federico Artico, Donato Giangirolami e Riserva della Cascina.
Potrete incontrare le cantine premiate e assaggiare i TOP WINES del Lazio nelle 2 giornate di degustazione a Milano il 9 e il 10 ottobre prossimo!
Per maggiori info sull’evento cliccate qui sopra.
Ecco a seguire il commento alle regioni e l’elenco dei premiati.
Lazio 2022
INTRODUZIONE
“Il terremoto pandemico che ha attraversato e sta attraversando le nostra quotidianità dall’inizio del 2020 non ha risparmiato ovviamente il mondo del vino: mai come quest’anno le aziende, salvo eccezioni, hanno dovuto far fronte a un fisiologico rallentamento dei cicli produttivi, vuoi per i mercati meno ricettivi, vuoi per le restrizioni e le difficoltà di gestire la manodopera rispettando i protocolli imposti.
Ovviamente il Lazio non ha fatto eccezione e alcune aziende, non presenti in questa edizione della guida, le attendiamo a braccia aperte il prossimo anno. Quella che si è innescata però è stata quasi una rivoluzione: instabilità o rinascimento? A noi piace pensare alla seconda ipotesi, soprattutto dopo l’edizione scorsa, che ha rappresentato un anno zero che ci ha consentito di rimettere in gioco ruoli e gerarchie.
Ed ecco, ad esempio, che il Cesanese e i suoi interpreti sono sempre lì a far da capofila a livello di presenza in guida, ma con il passaggio a vuoto della Docg del Piglio nei riconoscimenti. Il tutto mentre Olevano continua a convincere, complice un distretto di produttori che ha raggiunto un livello di consapevolezza tale da rappresentare una piacevole certezza.
Le vere (e belle) sorprese però arrivano ancora più a sud, da quei vitigni autoctoni in cerca di autore che negli anni scorsi ci avevano incuriosito ma non del tutto convinto: se a Frosinone l’olivella nera, il lecinaro e il maturano trovano quest’anno i presupposti per spiccare ed emergere in maniera definitiva, in provincia di Latina non è solo Cori a far da traino col nero buono e il bellone: emerge con prepotenza l’abbuoto, un vitigno antico protagonista di quel Vinum Caecubum che tanto piaceva ai romani e di cui sempre più sentiremo parlare, visto l’interesse che sta generando.
Se il Sud conferma grande fermento e vitalità, inclusa l’isola di Ponza che continua a regalare quel tocco campano alla nostra regione, nell’area dei Castelli Romani siamo sempre più convinti che si possa fare di più. Soprattutto da Frascati è lecito pretendere una maggiore presenza e continuità, lo ripetiamo e lo ribadiamo ancora in questa edizione: la correttezza enologica è un fatto ormai consolidato, ci sono professionisti nel comprensorio che difficilmente potrebbero sbagliare un vino; quello che a volte manca è quello spunto caratteriale in grado di fare davvero la differenza: le aziende ci sono, le competenze idem, e ci vuole probabilmente un po’ più di coraggio nell’osare e nel puntare sullo spartito della malvasia puntinata e sulle sue capacità di essere un eccellente lettore dei preziosi terreni vulcanici.
Buone nuove anche dalla Tuscia e dal Viterbese in genere: registriamo una crescita in termini di rappresentanza e qualità, con interpretazioni, di vitigni autoctoni e non, spesso originali e fuori dagli schemi. È il grechetto a essere sempre in prima fila e a convincerci maggiormente, ma roscetto, montepulciano e vermentino hanno comunque il loro spazio e la loro importanza, non più da semplici gregari.
Una considerazione finale che riguarda tutto il Lazio: è sempre più una regione a tinte artigianali. Gli assaggi ce lo suggeriscono e i risultati ce lo confermano: il movimento artigianale, quasi sempre autore di una viticoltura sostenibile, sta dando quella spinta propulsiva che è mancata per troppo tempo e che oggi ci fa guardare con fiducia al futuro. Le grandi realtà ci sono ed è giusto che offrano il loro contributo alla causa regionale, ma è dal mondo delle cantine che hanno un contatto simbiotico con il paesaggio che abbiamo ottenuto le impressioni migliori.
E, guarda caso, sono quelle che più sono vicine al Manifesto per il vino buono, pulito e giusto: presentato a Bologna a ottobre del 2020, vede la sua concretizzazione nella Slow Wine Coalition e debutta di fronte al pubblico nella Slow Wine Fair del 26 febbraio 2021, sempre a Bologna. Tutto sommato c’è di che essere soddisfatti.”
I RICONOSCIMENTI ALLE CANTINE
LA LISTA DEI TOP WINES DELLA REGIONE
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